Un elogio al residuo, una lode all’abbandono di Fabio Capaccioli
Scrive Eleonora Carlesi: “Attraverso uno sguardo romantico e con un atteggiamento che lo induce a cercare, della natura, le pieghe nascoste e poco visibili, dalle sue fotografe emergono racconti di piccole-grandi storie, in alcuni casi molto personali, che diventando la chiave di lettura delle sue opere.
Ciò che più lo interessa è la natura “post” che sorge rigogliosa ai “margini” e che crea nuove commistioni ed una particolare concezione dell’architettura del paesaggio contemporaneo; un paesaggio questo che nasce dal rapporto dell’uomo con la natura che rimane fortemente segnata dal suo passaggio diventando così veicolo di forte emozione e testimonianza di presenza nell’assenza.
Uno sguardo proiettato verso i luoghi dei residui visivi ed emotivi che diventano i suoi principali interlocutori e che lo rimandano ad una sorta di paesaggio dell’anima, quello più intimo e privato.
La sua fotografia è linguisticamente caratterizzata da una precisa identità, è spesso rivolta verso situazioni marginali, nascoste, apparentemente poco visibili e, per molti di noi, “inutili”. Con la sua fotografia percorre i territori della diversità, degli spazi indecisi e poco interessanti, laterali, nondidascalici, per lui fortemente intimistici; sono molto spesso quei territori che il docente e scrittore Gilles Clément (1943) ha definito appartenere al “Terzo Paesaggio”: “Uno spazio senza terzo paesaggio sarebbe come uno spirito privo di inconscio” [Gilles Clément 1943].”